05 Ottobre 2021
Alberto Mantovani, direttore scientifico dell'istituto Humanitas di Rozzano e professore emerito all'Humanitas university di Milano, non usa volentieri l'espressione immunità di gregge, "perché non mi piace sentirmi una pecora, ma membro cosciente di una comunità solidale". Di una comunità che si vaccina, che vaccina i più fragili e i bambini.
I più piccoli
Si stima che un minore su sette, che abbia avuto il Covid, dopo 15 settimane presenti ancora dei disturbi. L'insieme delle manifestazioni cliniche che persistono dopo l'infezione, definito long Covid, sarà una nuova e impegnativa sfida da affrontare.
Alberto Mantovani, patologo, immunologo e divulgatore scientifico di caratura internazionale, l'altra sera è stato ospite del Rotary club di Carimate, accolto dal presidente Flavio Lietti e dai numerosi partecipanti alla serata.
Nel suo intervento, ha approfondito il tema del sistema immunitario, una straordinaria orchestra di cui, ancora oggi, non conosciamo tutti gli strumenti e gli attori. Proprio lui ha scoperto alcuni di quegli strumenti, e ha più volte ribadito che la costante, nella scienza biomedica, è la capacità di rimettersi continuamente in discussione e quindi di cercare nuove conoscenze.
"Io sono fiero di come si sta comportando il Paese", ha assicurato, senza nascondere che "dobbiamo proteggere la prima linea, perché siamo in guerra". Il che significa avviare quanto prima la terza dose agli operatori sanitari. Ha parlato di no-vax, ma senza asprezza, perché gli antivaccinisti esistono da quando esistono i vaccini.
Agli albori del 1800, venne introdotto il vaccino contro il vaiolo, il primo efficace mai sviluppato, e scoppiarono le proteste da parte di chi, poiché si trattava di vaiolo bovino, spergiurava che inoculandoselo ci si sarebbe trasformati in mucche.
"Non c'è molto di originale", ha ribadito, passando poi a smontare una per una le affermazioni snocciolate dai no-vax. "Non c'è niente di più sciocco - ha proseguito Mantovani - e io sono fiero di come si sta comportando il Paese, che per una volta non è l'ultimo della classe in Europa, anzi. Chi sostiene queste posizioni non ha percezione del fatto che qualunque cosa facciamo nella vita ha dei rischi. Io assumo paracetamolo, il medicinale più sicuro che conosca, che pure ha un rischio di tossicità epatica. Ma vale la pena di prenderlo, lo diamo ai bambini".
La replica
A chi parla di interessi economici ricorda che "un dollaro investito in vaccini significa 20 dollari risparmiati in cure". Una vera questione morale, semmai è diffonderli anche al di fuori di Europa e Stati Uniti:"Quando una comunità fa parte di una sperimentazione c'è un dovere etico che abbia dei vantaggi, e i vaccini che utilizziamo oggi sono stati sperimentati in Sudamerica, per cui è un dovere farli arrivare anche lì"
Altro cavallo di battaglia di chi non vuole immunizzarsi, i tempi brevi con cui i vaccini sono stati realizzati, il che non permetterebbe di conoscere gli effetti a lungo termine: "Non abbiamo atteso 20 anni per introdurre il vaccino contro la polio - ha replicato - Pensate cosa sarebbe successo se l'avessimo fatto, quanti morti avremmo avuto. C'è un rischio nel non fare, che è la logica con cui sono stati introdotti i vaccini, tenendo conto che è stata fatta una sperimentazione senza precedenti, che ci rassicura".
Così come si può guardare con fiducia alla terza dose, che l'immunologo preferisce chiamare richiamo: "Il Paese si è preso la responsabilità di non correre il rischio di non fare, perché c'erano buoni motivi per fare. Quindi vaccinatevi. Proteggono bene contro l'ospedalizzazione e la morte, un po' meno bene contro la trasmissione. Ma proteggono".
E soprattutto "permettono ai nostri ospedali di non trovarsi in una situazione critica e quindi di poter continuare a curare tutte le altre malattie". I timori maggiori, da parte delle famiglie, i ragazzi. Ma anche in questo caso, Mantovani ha osservato: "Nei giovani c'è rischio di miocardite, ma si tratta di una miocardite rarissima e che comunque si risolve". Mentre "la miocardite da Covid è una signora patologia. Nell'equazione rischi benefici non ci sono dubbi. E poi c'è la patologia del long Covid, che nei bambini ha contorni dei quali non siamo ancora sicuri. Un primo rapporto parlava di 40% di incidenza, un numero che fa davvero paura e che per fortuna non è stato poi confermato. Ma si stima comunque che un bambino su sette, dopo 15 settimane, abbia ancora dei problemi".