Si celebrano 50 anni dalla nascita di FREEDOM HOUSE, una benemerita istituzione, molto autorevole, che ha per scopo il monitoraggio del grado di libertà di cui si gode nel pianeta. Ci si limita qui a considerare il campo delle libertà politiche e dei diritti civili che è articolato in più voci: dalla libertà di associazione a quella di stampa, dalla semplice libertà di opinione a quella di libera circolazione, da quella di rappresentanza politica a quella di voto con regolarità, dall’uguaglianza di fronte alla legge alla non discriminazione sessuale e raziale e ancora alla divisione dei poteri e così via dicendo.

Tirando le somme, al di là del valore riscontrato nel 2023 che vede 84 paesi su 195 che possono essere considerati liberi o quasi-liberi, stupisce il trend che registra per il 17.mo anno consecutivo una diminuzione del loro numero, a dispetto dell’idea e della speranza in un mondo sempre migliore, della fiducia nelle sorti magnifiche e progressive che attendono l’umanità.
Insomma è aumentata a dismisura la circolazione delle idee. Grazie ad internet e alle tecnologie mirabolanti di cui quasi tutto il pianeta può disporre, conosciamo in tempo reale ogni avvenimento su questa terra. Lo scambio tra le culture è una realtà innegabile e in continua crescita. Forse ci comprendiamo sempre di più e meglio e tutto questo realizza anche una libertà di conoscenza che si estende come mai prima d’ora.
Eppure le libertà politiche e di godimento dei diritti civili, cioè l’espressione più alta della dignità umana che la nostra società deve garantirci, sono in discesa da 17 anni!
Tuttavia, quest’anno contro 35 paesi che hanno peggiorato il loro standard di libertà, 34 sono quelli che lo hanno migliorato. Siamo forse ad una svolta? Ce lo auguriamo e tratteniamo il respiro in attesa delle rilevazioni del prossimo anno, ma i venti guerra e di intolleranza che ci investono impetuosi non ci lasciano ben sperare.
Enrico Mantellassi